25 marzo 2014

Sabato 29 marzo - Presentazione pubblicazioni su Soriano nel Cimino


Come già detto, Il palazzo Chigi di Soriano ha l'ambizione di essere un centro culturale di riferimento per tutta la provincia. Sabato si comincia con la presentazione di tre libri, di argomento diverso l'uno dall'altro, ma tutti e tre fondamentali per lo sviluppo del sistema culturale di Soriano.
Oltre che nell'organizzazione e nella gestione pratica dell'evento ci piace segnalare l'intervento a presentazione di uno dei libri di Claudia Vittori, già da qualche mese nella nostra cooperativa.
Un benvenuto ufficiale.


24 marzo 2014

Palazzo Chigi: un week end favoloso

E' nostro costume comunicare quello che facciamo, o almeno quello che proviamo a fare. Quando si tratta di lavorare la faccia ce la mettiamo sempre, quando si tratta di combattere la faccia ce la mettiamo sempre.
Un po' meno ce la mettiamo quando si tratta di farci vedere in bella vista, ma anche se un po' stanchi e provati tra le foto di seguito scattate un po' di faccia nostra c'è. Il progetto PTCM e I love Soriano, si stanno delineando, e l'apertura di Palazzo Chigi e le Fonti di Papacqua è la dimostrazione che quando il progetto è importante, e quando le istituzioni lo accolgono allora si può fare qualcosa di serio. Sulle rassegne stampa troverete scritte molte cose, sui servizi televisivi altrettante se ne sono sentite, l'emozione di vedere esposte le Opere di Lucio Ranucci, il centro documentale che sarà realtà grazie alla donazione di Mario Valentini, gli altri spazi espositivi, tutto questo lo troverete.
Oggi però vogliamo soffermarci anche sulle persone che c'erano. E' stato emozionante vederne tante con le lacrime agli occhi, ognuna delle quali poteva raccontarne una storia. Evidentemente il legame della città con questo luogo è ancora forte, nonostante i molti anni di chiusura al pubblico.

al minuto 9.38


Le foto di seguito riportate sono solo un ricordo e scattate da cellulare.









Scuderie Chigi-Albani - Storia e mostre

Inserita nel contesto architettonico sviluppatosi nei territori del viterbese in età manierista, la Villa di Papacqua, conosciuta oggi come Palazzo Chigi-Albani, trova le sue origini tra il 1564 e il 1572 per volere del cardinale Cristoforo Madruzzo, vescovo di Trento e Bressanone, su progetto dell'architetto perugino Ottaviano Schiratti



Il progetto dello Schiratti molto probabilmente non vede la totale realizzazione a causa della prematura morte del Cardinale, avvenuta nel 1578 presso la Villa d'Este a Tivoli. 



Il Madruzzo, uno dei maggiori artefici del Concilio di Trento, acquista il feudo sorianese nel 1561. La sua vicinanza e amicizia con altri principi, cardinali e feudatari del viterbese, in particolare Vicino Orsini di Bomarzo e Alessandro Farnese di Caprarola, con cui condivide la passione per gli studi e per le arti, sono lo stimolo per creare un luogo magico dove rifugiarsi, che compete in bellezza con il Palazzo Farnese a Caprarola, il Bosco Sacro a Bomarzo e Villa Lante a Bagnaia. 
Il suo progetto trova ispirazione in una massiccia parete rocciosa in peperino da dove scaturisce in grande quantità acqua gelida. 


I due gruppi scultorei principali, direttamente scolpiti sulla roccia, ricordano il mito pagano (la Faunessa con i tre piccoli e la gigante figura maschile con corna si rifanno ad un episodio dell'Arcadia) e quello cristiano (Mosè fa scaturire l'acqua dalla roccia per dissetare gli ebrei). Ai lati di questi le quattro statue allegoriche a rappresentare le quattro stagioni. 


Lungo il cortile una serie di vasche e maschere a carattere allegorico e grottesco dalle cui bocche fuoriesce l'acqua e un ninfeo interno al palazzo riportato alla luce durante le fasi di restauro. 

Entrando nel cortile a "L", si sviluppano, con al centro i gruppi scultorei delle fontane, i due edifici del complesso monumentale: il primo che ha una funzione di scuderie, magazzini e alloggi per la servitù; il secondo, dimora del cardinale, che si sviluppa esclusivamente al piano terra e nei seminterrati dove sono le cucine, locali di servizi e magazzini di vario genere. Particolare è la presenza, attraverso dei canali ricavati appositamente dalla sorgente, di acqua corrente nelle cucine già dal XVI secolo. Al di sopra di questi edifici un giardino pensile all'italiana. 


Alla morte del cardinale il feudo di Soriano passò al nipote Fortunato, erede designato, che a sua volta lo cede alla famiglia Altemps. Questi restano a Soriano fino alla prima metà del XVIII secolo, quando prima con gli Albani e poi con i Chigi, Soriano vede lo sviluppo di una nuova urbanizzazione, che comincia ad estendersi oltre i confini medievali e a poco a poco ingloba la Villa di Papacqua nel contesto urbano. 
Contemporaneamente, gli Albani si preoccupano di ampliare il palazzo con una serie di importanti interventi, tra cui la sopraelevazione di un piano. Il palazzo resta nelle mani dei Chigi, succeduti agli Albani, fino agli anni settanta del Novecento quando vendono l'intera struttura a privati. 

Oggi del palazzo, entrato a far parte dei beni del Comune di Soriano nel Cimino, e che ha vissuto momenti difficili negli ultimi trenta anni, sono visitabili le scuderie, il giardino pensile all'italiana e i gruppi scultorei delle fontane riaperti al pubblico da marzo 2014, dopo anni di restauro. 

Inserito nel Polo Turistico Culturale Municipale, attraverso un progetto partecipato tra più soggetti, il palazzo Chigi-Albani ospita nelle sue scuderie la Pinacoteca Lucio Ranucci che vede esposte 24 opere del pittore di origini sorianesi, noto in tutto il mondo e in particolare in sud america dove ha svolto la maggior parte della sua attività culturale e artistica; il centro documentale Tusciae Res, sezione distaccata della Biblioteca di Soriano nel Cimino, e la mostra permanente La Tuscia incisa, formatisi grazie ad una donazione di 3000 volumi e circa 2500 tra stampe e carte geografiche inerenti al territorio della Tuscia tra il 1400 e i giorni nostri; la Sala Tito Amodei e la Sala Alessio Paternesi, che ospitano opere dei rispettivi artisti a cui sono dedicate, donate al Comune di Soriano nel corso degli ultimi anni.

Particolare del Centro Documentale Tusciae Res

Sala Tito Amodei
Sala Alessio Paternesi
A questi si aggiungono le mostre temporanee, i convegni e le presentazioni di libri che caratterizzano tutto l'anno il complesso monumentale.

INFO E ORARI

22 marzo 2014

Pinacoteca Lucio Ranucci - Scuderie Chigi Albani

Nel 2002 Luciano Ranucci (conosciuto come Lucio) ha donato 24 opere al Comune di Soriano, memore di alcune spensierate estati trascorse sui Monti Cimini, dopo la morte prematura del padre originario di Soriano e qui sepolto. Nel marzo 2014, con la riapertura delle Scuderie Chigi-Albani è stata istituita la Pinacoteca a lui dedicata.

Nato a Lecco nel 1925, dove la famiglia si era trasferita per lavoro, Lucio Ranucci trascorre l’infanzia in un collegio di Perugia. Si dimostra presto un giovane inquieto, parte come volontario nel 1943 per il Nord Africa con l’esercito italiano, poi torna in Italia con gli alleati inglesi, scrive sui primi giornali dell’Italia libera e a ventidue anni si imbarca per l’Argentina di Peròn. Quello che doveva essere un breve viaggio si trasforma in un soggiorno di sedici anni. Dal 1947 il Sud America diventa la sua casa, fa lavori di ogni tipo, dal marinaio al fotografo. Inizia ad entusiasmarsi per il fermento culturale ed emerge la sua vena artistica. Si occupa professionalmente di giornalismo e teatro: in Ecuador dirige il teatro universitario di Quito, occupandosi di regia e scenografia, in Costa Rica dirige un quotidiano, e nel 1959 è tra i primi giornalisti ad intervistare Fidel Castro e Che Guevara, dopo la rivoluzione cubana. In Costa Rica prende la cittadinanza, diventa anche segretario dell’ambasciata del Costa Rica a Roma, e torna spesso a Soriano in questo periodo. L’attivismo politico è un tratto importante della sua personalità, tanto da finire per alcuni mesi nel carcere di Managua nel 1955 per aver partecipato alla lotta armata contro la dittatura.


Nonostante un’esistenza gremita di molteplici attività, la passione costante che lo caratterizza è la pittura. La sua prima mostra personale è del 1949 a Lima, in Perù. Da quel momento è un susseguirsi di esposizioni, tra cui la Bienal Panamericana del Messico nel 1958 e la Bienal de Sao Paulo. Ha dipinto diverse opere murali, tra cui un grande pannello nell’aereoporto internazionale di San Josè di Costa Rica. Nel 1963 decide di tornare in Italia, a Roma, e la sua pittura suscita subito l’interesse del pubblico e della critica, raggiungendo presto grande fama nazionale. Gli anni italiani sono segnati dalla scrittura di alcuni romanzi, dalla storia d’amore con un’artista americana, dall’incontro con il gallerista Renato Alberici della galleria Angolare di Milano, e dal ritiro nell’isola di Ischia che influenza i temi delle sue opere. Dopo alcuni anni vissuti a Parigi nei primi anni ‘80, Lucio Ranucci risiede ora in Costa Azzurra. Questo uestoQuestoartista con quasi settant’anni di carriera, che ha preso parte a circa cento mostre personali e collettive in tutto il mondo, dona a Soriano, per il forte legame con le sue radici, le opere che sono una summa della sua carriera artistica. Le prime 21 sono opere a cui era fortemente legato e che non ha mai voluto vendere, vi si trovano quasi tutti i temi da lui trattati in settant’anni di attività. A queste ne sono state aggiunte altre 3, più recenti, per dare completezza al percorso creativo.


L’avventurosa vita di questo artista cosmopolita, poliedrico, entusiasta della vita è riversata nella sua pittura e gli ha permesso di giungere a immagini di intensa forza espressiva. Nonostante lui sia un autodidatta, nelle sue opere si respira una profonda cultura artistica. È difficile restare indifferenti davanti ai suoi quadri, agli occhi dei personaggi, alle mani, ai tratti decisi dei contorni, ai colori. Le tele di Ranucci raccontano sentimenti, dolori e fatiche che sono le stesse a qualsiasi latitudine. E questa è la forza della sua arte, l’universalità, il raccontare attraverso queste figure semplici e forti allo stesso tempo - figure statiche, frontali e solenni - atti e riti della vita quotidiana. I suoi personaggi escono da contorni netti, spesso non hanno sfondo, l’ambientazione è appena accennata, il tempo sembra sospeso come in certi affreschi medievali (Giotto), ma l’eco della tradizione muralista messicana che lui ha ben conosciuto - Siqueiros, Orozco e Rivera - pervade il quadro con l’esaltazione dei gesti, da cui l’osservatore deve cogliere la denuncia insita nell’opera, l’empatia verso gli oppressi e le minoranze.


I personaggi di Ranucci hanno occhi senza pupille, solo grandi superfici piane, scure, senza sguardo. Le bocche non tradiscono emozioni. I volti sono maschere. Questo modo di trattare gli occhi e i volti, proviene da Cézanne, che a sua volta ha influenzato Picasso e Matisse, e in Italia ha influito sull’arte di Modigliani e su alcune opere di Carlo Carrà. Questa assenza di sguardo impedisce agli occhi di rivelare il carattere del soggetto, provoca una spersonalizzazione, ma permette soprattutto all’osservatore di entrare maggiormente in contatto con il dipinto, non essendo influenzato emotivamente dallo sguardo del personaggio. Gli permette di scrutare i comportamenti, che stabiliscono ritmi e significati, di osservare i corpi che sembrano automi, incapaci di qualsiasi slancio emotivo.

Le opere di Lucio Ranucci sono disposizioni studiate di incastri, ripetizioni ritmiche di forme e strutture. È impossibile non farsi assorbire da queste opere, dal suo stile cubo-espressionista che celebra personaggi muti che parlano con i gesti di un’umanità stanca ma non rassegnata, che vive e va avanti. E’ un “mondo immobile” come spesso lo hanno definito i critici.


Sono varie le tematiche affrontate dall’artista, alcune hanno il sapore della cronaca (Morire a Sarajevo, Morte di un uomo a Soweto); altre sembrano allegorie della vita; altre ancora raccontano attimi di vita quotidiana. Lo stile cambia seguendo l’andamento cronologico e tematico. Nelle tele della Fatica di vivere, dei Pescatori, dei Costruttori sono i gesti a suggerire la stanchezza e gli sforzi per guadagnarsi il pane. 


Sono soprattutto le mani, sempre in primo piano come nei murales di Siqueiros, a suggerire la fatica, il prosciugarsi dei sentimenti di quei volti omologati ai ritmi del lavoro, massicci, spigolosi, e negli sfondi le forme sono ostili e aguzze, non c’è nulla che temperi la scena, né il disegno, né il colore. Nei Mercatini, nei quadri che raffigurano le Donne, le persone e le cose sembrano invece fondersi, l’attenzione è tutta rivolta alla plasticità della composizione, le donne sono sempre figure dai contorni netti, rigidi ma qui i colori mitigano la mestizia dei temi precedenti. Una cosa resta costante: gli occhi senza pupille e l’isolamento dei personaggi. Non c’è mai comunicazione. Anche nei quadri appartenenti alla tematica degli Amanti, i due giovani non si incontrano davvero, restano due corpi senz’anima, sospesi nel limbo delle intenzioni, nonostante gli incastri formali sempre presenti, i personaggi sono isolati, denunciando così la crisi di relazioni e la solitudine che tutti viviamo.


Ranucci ha compreso intimamente i dolori, le angosce e le lotte degli uomini e le donne di tutto il mondo, dei luoghi in cui ha vissuto ne ha condiviso le vicende umane, sociali e politiche, ha affondato le mani nella vita in tutte le sue sfaccettature e ce l’ha restituita con la pittura, con il filtro dei ricordi, di una memoria che placa tutto ma allo stesso tempo denuncia con vigore.

Cristina Pontisso

Bibliografia di riferimento:
- AA.VV., Lucio Ranucci, testi critici di L. Caprile, M. de Micheli, R. de Grada, Editions Art du XX siècle, Paris, 2000.
- Sylvie Murphy, Lucio Ranucci, Èdisud, Aix-en-Provence, 1992.
- R. de Grada (presentazione), Lucio Ranucci. Pitture degli anni ‘80, Edizioni d’Arte Angolare, Milano 1986.

18 marzo 2014

inaugurazione palazzo chigi albani


Non c'è altro da dire, vi aspettiamo sabato e domenica prossimi.
Il Polo Turistico Culturale finalmente è realtà e insieme al progetto I love Soriano darà una bel contributo alla promozione di Soriano e della Tuscia.




12 marzo 2014

Agricoltura sostenibile & sviluppo locale

Il progetto di promozione e sviluppo del nostro territorio, che vede anche noi impegnati in maniera concreta, passa attraverso tante fasi e soprattutto attraverso idee buone che guardano, più che al presente, a un futuro prossimo. Da qui la nostra vicinanza all'Associazione O.R.T.O. per il suo forte impegno verso lo sviluppo rurale del territorio e verso modelli alternativi per l'inserimento dei giovani nel mondo imprenditoriale e lavorativo in genere.